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Vanni fa 90. Memoria ed eredità del più grande piccolo editore italiano

Nel 1951, quando il padre Giovanni Scheiwiller gli propose di sostituirlo alla direzione della sua piccolissima, eppure già raffinatamente rinomata casa editrice «del sabato e della domenica», Vanni non aveva ancora diciotto anni. Era nato l’8 febbraio del 1934, giusto un paio d’anni prima della più importante e longeva delle collane paterne, la leggendaria All’insegna del pesce d’oro – che con i vivaci monocromi dei suoi volumetti «7,5 x 9,5 cm» a tirature limitatissime, «introvabili illeggibili inutilizzabili» come bellissime «farfalle» (l’immagine, famosa, è di Eugenio Montale), alla casa editrice di famiglia avrebbe in breve dato non solo il nome – ma una sorta di quintessenziale modello di stile, una cifra distintiva inconfondibile.

Fatto sta che da quel momento in poi e per quasi mezzo secolo – fino all’improvvisa scomparsa nel 1999 –, Vanni consacrerà ogni sua energia alla “missione” consegnatagli dal padre, aggiornando e fantasiosamente reinventando quel peculiarissimo modo di essere «editore d’arte e letteratura» che aveva spinto Giovanni a intitolare il proprio primo catalogo (certo un po’ scaramanticamente) Passatempo 1925-1944. In effetti se già Ezra Pound – uno degli scrittori-totem degli Scheiwiller, trait d’union dei loro cataloghi – parlava di Giovanni come dell’inconsapevole alfiere di una «Nuova economia editoriale», basata sul paradossale, rivoluzionario principio della «perdita piccola, ma assoluta», ecco che nel cuore della Milano del secondo dopoguerra, sempre più capitale della grande editoria industriale e di mercato, l’avventura di Vanni rappresenta una ancor più sorprendente, e paradigmatica, controscommessa sulla possibilità di una audace quanto ingegnosa messa in stallo, o in scacco, delle ferree logiche della domanda e dell’offerta. In effetti l’azzardo che di decennio in decennio Vanni riesce a rilanciare (pur tra infinite fatiche e continue crisi – come quella che sul finire degli anni Settanta conduce alla nascita della nuova sigla Libri Scheiwiller) consiste ancora nella funambolica, inventiva capacità di captazione e oculata coltivazione di una domanda insieme elitaria e composita, che fa conto su una rete di fedeli bibliofili/collezionisti (e al limite, ad un certo punto, di committenti istituzionali: le banche) e insieme su una cerchia, diversamente esclusiva, di affezionati e influenti intellettuali/critici/amatori (e naturalmente di autori, letterari e artistici).

In occasione dei novant’anni dalla nascita, alla sua figura di editore intellettuale sempre in febbrile e affaccendato movimento (come nel bellissimo Improvviso dedicatogli da Camillo Sbarbaro: «Vivendo sulla rete ferroviaria, / che mi troviate a casa tanto dubito, / che ho scritto sulla porta torno subito, / uscito un momentino a prender aria»), animato da una curiosità liberissima, vivacemente prensile e policentrica (da editore «decisamente poligamo», come Vanni stesso si definiva, capace di coltivare «tanti amori letterari e artistici contemporaneamente»), Apice dedica il convegno Vanni fa 90. Memoria ed eredità del più grande piccolo editore italiano, che si terrà il 26 e 27 novembre presso la Sala lauree di via Conservatorio, 7. Nelle due giornate di studio, un ricco parterre di relatori a spiccata caratterizzazione interdisciplinare – storici dell’editoria e storici dell’arte, della fotografia, della musica, studiosi di letteratura e poesia italiana del Novecento, lusitanisti, polonisti, etc. – metterà a fuoco aspetti e risvolti della sua vulcanica operosità culturale, testimoniata dai circa tremila titoli complessivamente dati dalle stampe, dalle oltre quaranta collane progettate e varate (al punto che, scriveva, «i librai mi accusano – giustamente – di avere più collane che libri»), dall’intrico di progetti e rapporti di cui le carte del ricchissimo Archivio custodito ad Apice conservano traccia. E che nondimeno non cancella il fantasma di quell’ultimo, impossibile e inevitabile catalogo che una volta Vanni stesso ha confessato il desiderio di poter un giorno stampare: quello «dei libri che non ho pubblicato, delle occasioni mancate, delle speranze tradite; sarà un catalogo bellissimo, tutto di libri bellissimi, senza paragone con quanto ho saputo realizzare».

 

Stefano Ghidinelli
Università degli  Studi di Milano